La mia dolce Escolca, è un comune di circa 600 abitanti (pochi) della provincia di Cagliari, un piccolo e grazioso borgo agricolo del basso Sarcidano arroccato fieramente sulle pendici meridionali della giara di Serri, che domina la sottostante vallata di Gergei e i suoi splendidi oliveti: colline e pianura, clima temperato e aria purissima.
Escolca (in sardo Iscroca) si estende dunque in un’ampia vallata che, scendendo elegantemente dalla suddetta giara, si ricongiunge alla Trexenta e alla Marmilla. Il paese confina con i comuni di Isili, Mandas, Serri e Gergei ed è diviso in quattro rioni o borgate. In primavera il territorio è verde intenso e i prati si colorano con i bei fiori spontanei delle zone interne della Sardegna (pervinche, orchidee, ciclamini). Si trova in un crocevia strategicamente centrale, un paradiso non ancora scoperto dal turismo di massa, un territorio ricco di monumenti antichissimi come il nuraghe Mogorus, ancora da scavare e probabilmente integro.
L’abitato è un continuo saliscendi di viuzze al cui centro sorge la cinquecentesca chiesa tardo-gotica di Santa Cecilia, dove giocavo a nascondino da piccola e di cui sappiamo che nel 1583 fu ampliata, che il campanile è del 1681, che l’orologio vi fu collocato nel 1827 e che l’altare in marmo è del 1804. Io però non sono così vecchia. Anticamente era parrocchia la chiesa di Santa Lucia, ora un po’ fuori paese ma forse centro del primo nucleo di Escolca e dal cui sagrato terrazzato si gode un ampio panorama su tutta la valle. Appena fuori dall’abitato, salendo in collina, merita una visita la chiesa campestre Vergine delle Grazie, detta di Is Bingias per l’iscrizione sulla sua campana (1579). Nel XV secolo al suo posto c’era un convento di Romitani di S. Agostino, che sul finire del secolo ne favorirono l’edificazione; dopo il 1649 vi ebbe sede un convento dei padri trinitari fino al 1747; nel 1876 la chiesa venne restaurata con offerte della popolazione e ancora oggi, il 2 luglio, vi si celebra la festa della Vergine delle Grazie con molta devozione, trasporto in processione del simulacro e messa cantata.
L’economia locale è agricola, ma questo lo sospettavate già. Il territorio escolchese è protetto dal vento di tramontana dall’altopiano di Serri e ha la vocazione naturale alla coltura del grano e dell’olivo, è nel codice genetico dei residenti: lo provano gli oliveti familiari sapientemente condotti, l’eccezionale bontà delle olive e dell’olio extravergine, un fruttato leggero di grande pregio commercializzato in Sardegna e all’estero fra i prodotti tipici di qualità superiore. È assolutamente rispettabile e degno di considerazione anche il nostro corposo vino rosso, i cui vitigni nel 900 ammantavano circa duecento ettari. Le campagne escolchesi producono anche un superlativo grano duro, com’è pure eccellente la qualità del pascolo spontaneo di cui godono le numerose greggi escolchesi sebbene la pastorizia sia meno diffusa. Un tempo si praticava anche la coltura dello zafferano, attualmente in via di reintroduzione.